mercoledì 8 dicembre 2010

Lomas - Mutina Punkae Lomas 0.5.9.1.9.9.8. (Dischi del culo - 1998)

...sperando in un terremoto vero che incendi le case e spacchi Modena in due con un taglio netto tra le case degli altri e il tuo tetto.


Terzo album. “Ora facciamo sul serio” si saranno detti i Lomas. O se non altro ne avranno avuto abbastanza di tutto questo provincialismo che sì è tanto amato, sì ci ha fatto del bene, sì senza i primi due album la nostra vita non sarebbe stata la stessa cosa, ma che forse un terzo album sarebbe stato davvero troppo. Quel troppo che rischia di banalizzare il lavoro fatto finora. E infatti il terzo album vuole palesemente essere una svolta.
Va bene il “te suoni male”, ma ora si suona bene. Va bene che è bello fare gli split con gli amici, ma ora si corre da soli. Va bene questa filosofia da buona-la-prima, ma ora è tempo di stare seri. È tempo di registrare bene, di suonare con precisione. Sì, ma cosa suonare? Un altro disco su Modena? Oppure qualcosa di completamente diverso?
Se non avessi una vaga idea di chi siano i Lomas e di come la pensino direi che hanno tentato di ritagliarsi una fetta di pubblico su scala nazionale. Perché non solo di Modena si parla qui. Anzi a dire il vero non si parla nemmeno della sola Italia. Qui si parla di Universo, si vuole essere universali. Vengono snocciolati principi anarco-internazionalisti in tale quantità da trasformare Mutina Punkae Lomas quasi in un album politico. Alcuni esempi: “Odio lo Stato e tutti i suoi colori”, “Faremo una rivoluzione senza aver bisogno di nessuno che ci dica cosa fare […] senza avere una bandiera […] dove tutti siano uno”, “Esiste un mondo solo e miliardi di persone, ognuno si senta libera e vada in ogni dove” “Basta! L’universo è sempre esistito e i pianeti che girano sono di tutti” e ancora “Io non ho bandiere da piantare ma un universo da sognare”. Insomma il disco un’anima politica ce l’ha, ma è anche vero che non è l'unica anima, ce ne sono altre due: una sperimentale e una provinciale. Lo sperimentalismo forse era necessario in quanto lo stile Modena stazione di Modena si era ripetuto anche nel secondo disco e come abbiamo già detto il terzo doveva essere una svolta. E poi è da inscrivere alla filosofia universalista il concetto di abbattimento delle barriere anche musicali: canzoni punk da 40 secondi, riff in stile Sonic Youth melodici, rapidi brani da una sola nota e una sola frase ripetuta, giri di chitarra mai stati così violenti, un brano acustico, una ricetta messa in musica ma soprattutto brasilianismi e ritmi samba che variano il suono e che anticipano le cover brasiliane che Fox suonerà più avanti.
Ma non c’è niente da fare. Il meglio dell’album resta quel punto in comune con la discografia precedente ovvero la poetica provinciale. E dato che ne abbiamo già parlato fino alla nausea e ripetersi è cosa assai noiosa preferisco citare, a partire dal pezzo forte del disco, Carpi: “ma dov’è che comprerai i regali in un centro di luci bastarde che piange ogni giorno per te […] Carpi è un posto come tutti gli altri e sei tu che hai problemi e non loro, e finché hai un impiego che schifo il lavoro, che schifo la vita così. Ma se uno ha una ferita nel cuore se la porta ovunque egli vada nel mondo, ovunque egli guardi con gli occhi la vita e adesso l’hai portata a Carpi”. Un altro esempio è Racconti di Modena Est: Gli olandesi arrivano sempre quando meno te lo aspetti agli occhi delle nostre ragazze, sembran perfetti ma sono persone normali anche loro […] C'è anche un laghetto di pesca sportiva, lui non lo disse ma era contrario alla pesca e tra l'altro da piccolo si era piantato un amo in un braccio pescando in Panaro, ci mise del ghiaccio”. E potrei continuare col citare Città stronza o Strade segrete.
Lo ammetto, è il disco che ho meno ascoltato dei quattro, fatta eccezione di Carpi, Racconti, e qualche altro pezzo forte come Terremoto il cui volume della chitarra è esageratamente alto e forse per questo è una delle mie preferite. Certo, poi ci sarà sempre l’alternativo che ti dice che è il suo disco preferito, che sei tu che non sei riuscito a capire la bellezza dell’album perché ancora ti trastulli con Alle Morane e Franco. Ma io in tutta onestà lo trovo un disco di transizione tra l’amore per la città coi suoi personaggi strani e il baratro più profondo che sarà Hai preso le gocce?.

P.S. E proprio come in un post scriptum alla fine del disco si trova un progetto interessante che farebbe invidia ai nuovi discutibili cantautori della poetica urbana: 0.5.9.1.9.9.8. Si tratta di otto pezzi trip-hop che sanno di asfalto e luci elettriche. “Forse Modena è una terapia di gruppo per chi vive di espedienti tutti i giorni…ci andavo ogni tanto da bambino ed ogni tanto ci torno a vedere la città da vicino da un piano alto di un palazzo del Villaggio Giardino”.


01 Azoto
02 Banchi dei bar
03 Ipersfera
04 Uomo
05 La dura legge del menga
06 Vorrei sentire
07 Fiori per strada
08 Carpi
09 Di nuovo in piedi
10 Dietro al muro
11 Terremoto
12 Due minuti
13 Zapo
14 Occhio x occhio
15 Pensami tu
16 Punks e freks
17 Senza patria
18 Io e un mio amico ci intendiamo di spazio
19 Dolcegoloso
20 Città stronza
21 Racconti di Modena Est
22 Pioveva sempre
23 Strade segrete
24 Basscord
25 Red shift #1
26 Red shift #2
27 Bandiere
28 Dodici 1
29 Quello che mi serve
30 Palazzi alti
31 Centro commercile
32 (Altri) tempi
33 Cattivo
34 Astronauta
25 Dodici 2

domenica 5 dicembre 2010

Segnali acustici: parte 1°

Tagliamo il nastro anche per questa nuova rubrica: segnali acustici, ovvero segnalazioni di alcuni gruppi degni di nota che circolano nei dintorni.

L’Ondes – Tòt i dè! (2010)
In una dozzina d’uova ce n’è spesso una uscita male, l’ondes appunto. Ma in realtà questo gruppo non è proprio l’ultimo arrivato né il primo da scartare: difatti nasce dalle ceneri dei Dulceuchessina, una numerosa band ska-punk che aveva il suo discreto successo. I L’Ondes hanno un debito incolmabile con gli anni 90 (e la cover degli 883 che fanno dal vivo ne è prova inconfutabile) ma la cosa che mi affascina è che questo debito sembra essere tutto italiano. È al punk nostrano che guardano, a quel punk di nicchia che parla la nostra lingua. Non quel finto inglese improvvisato sui banchi di scuola dagli skaters, non quell’ “anarchia in Italìa” cantata dai Petrolio. Insomma meno California, meno UK e più Emilia. Copertina e titolo parlano chiaro. Inutile dire che non c’è nulla di nuovo in questo ep ma è ancora più inutile ricordare che i L’Ondes qualcosa di nuovo non lo volevano proprio fare. Quindi bevetevi qualche birra di troppo, andate al loro concerto, saltate e non fatevi più domande. Eccovi il myspace. S.C.


Blue Balls Monkey – Beware of the Monkeys (2010)


Il salto è sempre nel passato, ma non nell’universo punk nineties come per gli altri gruppi di questo articolo, bensì nell’hard rock più sfacciatamente americano. C’è molto glam imbastardito con il suono di Seattle degli anni 90 o se non altro con quella fazione grunge priva di influenze punk (Alice in Chains per capirci). Insomma, come essi si definisco, si tratta di “rock classico”: assoli, schitarrate, pose molto hard rock e testosterone. In questi casi si dice Yeah. Il loro myspace è questo. S.C.



Uniko Neurone . Fiumi di diarrea (2008)

Quattro tracce in questo demo dei carpigiani Uniko Neurone, 11 minuti di velocità e ruvidezza nei più tipici stilemi del punk rock. Un disco di vocazione politica: strano ma vero, nel XXI secolo c’è ancora qualcuno che parla di lotta di classe! Si definiscono “Kombat Punk”, mettendosi inevitabilmente sulla scia di band come Gang, Malavida, Clash ma con molto più hardcore. Suonano in tre: Skeggia, Monty e Lucio. Registrato nel 2008, Fiumi di diarrea parte carico con Maresciallo, un pezzo che se la prende direttamente con gli stipendi “da paura” dei marescialli dei caramba. Il demo continua con la pacifista Signori della guerra, forse il pezzo meno riuscito, per arrivare dritto dritto al pezzo forte, Tri zuchet e du pandor, una cover degli Snuff cantata in dialetto carpigiano su un bel riff di chitarra che ti rimane in mente facile facile. La canzone sconfina in un’atmosfera gucciniana da Fiera di San Lazzaro dando voce al lamento di una moglie con 4 figli di fronte ai prezzi del mercato. Il disco si conclude con l’antiberlusconiana Intossicazione Alimentare, il pezzo più arrabbiato di tutti dove “fiumi di diarrea” saranno gettati su “signori e padroni” da “chi non sta lì a guardare / ma col pugno sempre chiuso /non ci sta a prenderla nel culo”. Nonostante i testi siano a volte macchinosi il demo è un buon inizio e si ascolta volentieri. Ecco il myspace. G.C.

Furastér: Dull - Cerchia una A

Inseriamo una recensione donataci da un lettore e una amico: il Precettore. Dispiace non aver trovato la copertina. Ci perdonerete.



...ho scoperto i Ramones a 27 anni e i Dull a 17.

Ho sentito dire che a breve le musicassette spariranno dal commercio schiacciate dalla digitalizzazione. Alla fine degli anni '90 le cassette erano invece "moneta" corrente -insieme ai cd- e la fruizione della musica passava inesorabilmente per il supporto fisico.
In quel periodo i Dull facevano uscire il loro primo demo che, in una manciata di pezzi e in una ventina di minuti, racchiudeva brani che sono entrati nella storia del punk rock nostrano.
Il demo si apre con una marcetta (LSD) che è anche un ipotetico svolgimento del tema "descrizione di una settimana tipo" per passare al trascinante ska punk di Cerchia una A.
Giri di basso alla Rancid, una batteria che pesta riff degni dei migliori Sex Pistols e testi che una volta ascoltati non potevano che rimanerti in testa, il tutto circondato da un alone di mistico realismo.
Perchè questo erano i Dull di quel momento storico, rappresentavano il reale, non le rockstar inarrivabili ma i ragazzi che potevi incontrare una sera al Tempo, trovarti con loro in giro alla montagnola di Bologna, o in un altrettanto reale pogo ad un concerto dei Punkreas. Così, quando la rivoluzione comunicativa vedeva comparire il cellulare che, da strumento di elite diventava status symbol e poi aggeggio necessario, i Dull opponevano a tutto questo il loro sentito "No, Grazie."....e se la diffusione di massa di internet era alle porte andare ad un concerto punk era ancora un evento al di là di qualsiasi social network (qualcosa che viene ben descritto dal "pugno sul mento" nella frenetica il mio ideale).
Il demo si chiude con due inaspettate ballads (Think e Lose) perchè anche questo voleva dire essere punk alla fine del secolo...e allora se qualcuno deciderà di mandare in pensione le musicassette, per noi tutti che volevamo essere come i Dull, ci sarà ovviamente solo una risposta: il più classico dei chissenefrega.

Tracklist
1 LSD
2 Chissenefrega
3 Cerchia una A
4 La boccia
5 Cellulare? No grazie!
6 Suicidio di massa
7 Il mio ideale
8 Think
9 Lose

martedì 23 novembre 2010

Rats - L'ultimo guerriero (Hiara records - 1986)


Questo disco venne pubblicato nel 1986 (‘87?) dall’etichetta modenese Hiara Records e prodotto dall’oggi celeberrimo Federico Guglielmi che tutti noi ringraziamo per i veloci compendi su punk e new wave che ha scritto in questi anni.
“L’ultimo guerriero”: dimenticatevi i Rats di
Chiara (pezzo stupendo che in quel 1992 si ascoltava dappertutto, radio nazionali e Videomusic, quando ancora c’era Red Ronnie in versione impero alla fine della decadenza). E i più vecchi si dimentichino pure “C’est disco”, primo oscuro e celebratissimo lavoro dei giovanissimi spilambertesi. “L’ultimo guerriero” sta nel giusto mezzo: piglio underground ma ricerca dell’orecchiabilità: quei motivetti che rimangono in testa e non ti lasciano più grazie a chitarre accattivanti e voci da inno generazionale. Si parte subito tiratissimi con il pezzo che dà il nome all’album, il basso che spinge molto punk, la chitarra di Wilco che alterna cavalcate rock a riff del periodo: la new wave italiana. Sembra di ascoltare la sigla di un cartone animato giapponese, tipo Ryu il ragazzo delle caverne, quei cartoni con gli eroi giovanissimi che combattono il male: il testo dice “devi fermare la vittoria che non basta mai”, e i cori e il riff sempre più ossessivi, ma non stancano mai. L’arrangiamento è poesia finissima. Giovani forme è il secondo pezzo, si parla di “prove di coraggio per essere uomini”, per diventare uomini, qualcosa che ricorda alcune tematiche dei prossimi “indiani padani”: ma qui le voci sono giovani, quasi adolescenti, molto più credibili. La arpeggiatissima Tudor è un altro classico di questi Rats di mezzo, due o anche tre chitarre, sempre proposta in concerto e che apriva proprio l’unico disco live della band: il semi introvabile “Vivo” del 1989. Il disco si chiude con Notti di mostri, testo parecchio oscuro scritto da Claudia Lloyd, la voce nervosa e dark di C’est disco.
Un mini album questo che viene naturale accostare alle prime cose dei Litfiba (
Luna/La preda o Desaparecido con il classico dei classici “Eroi nel vento: c’è molta affinità tra queste cose, sia per le sonorità, sia per quella voglia di eroismo che si respira in entrambi. E pensare che qualche anno più avanti Rats e Litfiba, già famosi, divideranno i palchi di molta Europa, soprattutto dell’Est. Il grosso problema del disco è che in tredici minuti finisce, e si pensa: già basta? Allora si va a cercare tutta la discografia, quello che si trova, ma “L’ultimo guerriero” rimane al primo posto.

01 L'ultimo guerriero
02 Giovani forme
03 Tudor
04 Notti di mostri

sabato 20 novembre 2010

Modenesità: Tessera arci

Tagliamo il nastro per inaugurare una nuova rubrica, questa volta prettamente letteraria: "Modenesità". Vogliamo raccogliere brevi racconti, poesie o articoli che parlino della nostra città e delle vite che la popolano. Storie, dettagli, analisi, impressioni, afflati poetici. Scriveteci e inviate le vostre opere, selezioneremo le migliori (e le più pertinenti) per pubblicarle qui. Cominciamo con un breve racconto di Giorgio che tra l'altro mi riguarda. S.C.


Partiamo per sentire gli Attivisti, concerto, live. Matrioska club di San Damaso, l’ex People. E non è facile arrivarci se non conosci quella parte di Modena. Per fortuna tu di locali ne hai girati molti e la responsabilità non è mia. Tutto bene. Sullo stereo Roxy music, Venus in furs e un po’ di reggae della Trojan. Dieci e mezza e siamo davanti al locale, in macchina l’ultima sigaretta prima di entrare. Davanti al cancello due tizi davvero molto grossi, sguardo cattivo e auricolare. Vestiti di nero. Anche l’arci si difende, si è munita di sgherri e bravi. Adesso non ci fanno entrare, il concerto non parte prima delle undici e mezza. Come al solito le locandine mentono. Che palle. Per fortuna il Vecchio fiume non è lontano. Per fortuna hai voglia di bere. è svecchiato abbastanza il vecchio, almeno cinque anni che non ci andavo: in questo lungo tempo Kurt Cobain s’è guadagnato un acquerello ad olio, si vede appena entrati. E' la foto famosa con il maglione a righe rosse e nere. Fa un po’ strano vederlo insieme ai Queen, così sul podio, ma tutti hanno bisogno di qualche dio, si capisce. Birra media io, una piccola te, sei molto responsabile, hai la macchina. Ti lasci affascinare da un tipo truccato, tutto nero, capelli lunghi piastrati e sguardo duro, vent’anni al massimo. A me non piace ti dico, troppa fiera e non sembra neanche un maschio, sai, “è meglio guardare in faccia una bella donna che essere gay”. Il Vecchio è pieno, passa il tempo ma tira sempre. L’ultima volta c’ero venuto con un prete, sono sicuro che non gli piacerebbe il Cobain in vetrina. Ma forse avrebbe apprezzato il video di Sorrow in televisione, Nick Mason che picchia sui tom molto tranquillo e Gilmour che lo segue con effetti chitarristici molto belli. C’è un tipo sui quaranta al banco, sempre una birra in mano, proviamo a indovinare a che numero è arrivato questa sera, se è solo ubriaco o da giovane ha esagerato coi cartoni. Optiamo per la seconda, e arrivano le undici e mezza. Dritti al Matrioska, l’ex People. Le guardie adesso ci fanno entrare, ma nel mentre non hanno imparato ad essere felici. Tessera arci, anch’io l’ho fatta, è la regola, a Modena serve in molti posti. Sono già sul palco gli Attivisti, cantano i pezzi nuovi in canottiera, gli inediti di cui Sante mi parlava domenica scorsa. E Sante è al centro con gli occhiali da sole, magro come il biafra e gira sul basso molto veloce, curvo sul microfono e urla. Cantano anche i due chitarristi ai lati del palco, e il batterista alla fine del concerto dice frasi senza senso e inventate, sempre nuove, tipo uan ciu mit me de dark teils rochin fri the word ard rok. Figata, e tu sei vicina e mi tieni il fianco, faccio io le corse al banco. Giacca mi offre una birra in memoria dei vecchi tempi, poi sale sul palco perché adesso tocca ai Lace up. E' punk core, il punk veloce di modena-tenda. Core, battito forte. Fanno dei salti alti sempre, il Garu e Giacca insieme come facevano gli Who nei festival lasciando di merda gli hippies. Facce punk, anche questi ti sono piaciuti e sei contenta. Lo sono anch’io, che coppia che siamo questa sera, quattro a zero a tutti. E non siamo gente da ballare, anche se il dj parte con dell’italo disco che credevo di conoscere solo io in provincia, in realtà no. E' un tipo con gli occhiali il dj, mi sta simpatico per il fatto dell’italo. Usciamo a fumare, le sigarette le metti tu questa sera, mi chiedi di trovare una ragazza più bella di te sotto il tendone. Non sarà facile rispondo. Intanto Sante non si trova, né al banco né in bagno né qui a fumare. I camerini sono già chiusi. Dove è finito Sante? Non si esce senza salutarlo almeno fino all’una, deciso. Ma l’una arriva, si esce. Usciamo e in macchina sta suonando il cellulare, è un messaggio di Sante. Giorgio, non ho la tessera arci e non mi fanno rientrare che figli di puttana grazie per essere venuti. Ai bravi lì fuori non interessava che fosse il bassista, che avesse appena suonato sul palco per mezz’ora e gratis. Poteva essere Iggy Pop o il papa ma senza tessera non entrava. Che anarchico Sante, non s’è voluto associare, ed è già sulla strada per la bassa. Niente buono coop da cinque euro se ne spendi trenta entro il quindici dicembre. Ridiamo, serata voto dieci. Tieni tu la mia tessera, un po’ mi scoccia portarmela dietro.

mercoledì 17 novembre 2010

Superciuk - Ultima frontiera (Dischi del culo - 1997)


C’è stato un tempo in cui il giovedì sera era un momento speciale tra le tante serate modenesi. Anzi, a dire il vero io vivevo per il tanto atteso giovedì sera, il sabato era solo uno dei tanti giorni che mi separavano da quel momento. Il giovedì era la mia “ora di libertà” dalla ragazza e dalla famiglia e quindi potete immaginare il suo grado di sacralità. L’itinerario era sempre lo stesso: Sir, Miki2, More e Alberghini. Dunque si cominciava dal Sir Francis Drake, il ritrovo era lì. Un posto carino, mica come quelle discoteche piene di zoccole e buttafuori pelati col pizzetto appena usciti da American history x. Un posto carino, se non fosse per quei faretti diabolici puntati negli occhi di noi giovani abbeveranti. Noi si restava in piedi dalle dieci fino all’una deglutendo una tennent super dietro l’altra. Qualche volta andavamo anche dai “vecchi” a farci un nocino di troppo, quello che non ci sta ma ormai è troppo tardi, l’hai bevuto. Pensavamo fosse molto divertente ubriacarci e a dire il vero ci divertivamo realmente prima di considerarla un’azione socialmente obbligatoria, per niente alternativa e anche un po’ patetica. Probabilmente nelle nostre scorribande alcoliche notturne più che aver fottuto il sistema abbiamo arricchito qualche proprietario destroso, vecchio e grasso che ora può finalmente vagare per la motor valley con una bella macchinina e una sciarpa allacciata bene bene al collo. Sto divagando.
Dicevo che mentre ci inebriavamo ridevamo, cadevamo a terra e parlavamo delle solite cose di cui si parla in queste situazioni. Prendevamo per il culo il nostro amico B* per la sua non-altezza, si faceva la classifica dei dischi migliori, di marche di birre, di ragazze e delle leggende che si portavano appresso. Dove voglio arrivare ve lo dico subito. Se solo ci fosse venuto in mente di mettere per iscritto quelle cazzate mescolandole a un po’ di amore per Paolino e Lomas avremmo scritto “Ultima frontiera”. Peccato, anzi per fortuna, che ci avevano già pensato i Superciuk.
Premetto che non li ho mai conosciuti né visti questi baldi ragazzi ma posso immaginare il clima che si respirava in quel gruppo. Cazzeggiare intere giornate sui tavoli del bar della Delfini, bere grandi quantità di quel liquido ricavato da un pugno di luppolo...sono tutti elementi che molti di noi giovani possono comprendere. Ci parlano di cose che già sappiamo, ci insegnano qualcosa che ben conosciamo ma che del resto ci fa piacere sentire proprio perché parlano di noi. Come sfogliare un album di foto. Qui la toponomastica manca, non si parla di piazze, vie e pub conosciuti ma l’atmosfera è quella: alla parola “polisportiva” si accende tutto un immaginario che non vi sto a ripetere. Anzi, a dire il vero questo album non parla affatto di Modena, ma la evoca involontariamente. Sarà l’accento, saranno i temi che tentano di essere universali ma che sono le stesse cose che dicevamo il giovedì sera. Sarà che questi Superciuk non hanno un briciolo di quella saggezza e indiscutibilità che caratterizzavano i Lomas perché sono dei cazzoni. E grazie a Dio. Amo molto la poesia punk, quella che ti parla della città e della vita e di tante altre cose che però forse cominciano un po’ a puzzare di già sentito. Quando mi passarono gli mp3 dei Superciuk e feci play mi si presentò una musica suonata bene (non virtuosa), con testi ironici (non demenziali) e spesso con un velo di protesta (non da centro sociale). Non ho potuto fare a meno di amarli. Era proprio quello che mi ci voleva dopo essere uscito da una storia di tre anni coi Lomas. Poco spazio per la poesia, qui si parla delle prime seghe, di alcool, di motorini truccati, degli scout, di prostitute sudamericane e transessuali. E il tutto raccontato con uno ska-punk fatto bene, e vi giuro che nella vita di ska-punk fatto bene se ne incontra davvero poco.
Insomma, alla fine il Pier di
Il mio amico Pier sostiene aveva ragione in tutto: i Superciuk potevano scrivere canzoni molto più intelligenti e geniali, ma sono dei gran cazzoni. E cosa si può dire a un gruppo di cazzoni? Niente, si può dire.
Forse non ci garantiscono la pace e la sicurezza come l’
IntroSpaziale promette, ma questo manipolo di uomini ci fa fare un tuffo in mondo provinciale che ben conosciamo chiudendo e sigillando così per sempre un trittico che per noi feticisti del punk modenese è la bibbia: la triade paolino-lomas-superciuk.

01 IntroSpaziale
02 Divise
03 Modena puberales (pugnette)
04 Per un pugno di luppolo
05 Tacco
06 Spf
07 La polisportiva
08 Punskabereg
09 Skaut
10 Roffo's haircut
11 Silvana
12 Il mio amico Pier sostiene
13 Casablanca
14 Saccagnami
15 Olio di cocco
16 La sicurazione
17 "Superciuk delle galassie"

martedì 16 novembre 2010

Intervista tripla: 7i, Marra Christmas, Ed

In occasione della presentazione del nuovo disco di Ed "A quick goodbye", il 13 novembre, Te Suoni Male! intervista 7i, Marra Christmas e Ed, il nuovo cantautorato modenese.


venerdì 12 novembre 2010

Il cantautorato modenese intervistato da RadioEmiliaRomagna

RadioEmiliaRomagna, già da un po', ospita un programma a nostro parere sensazionale: "MEI web radio", organizzato dalla Trovarobato e dal MEI (Meeting Etichette Indipendenti). Ultimamente sono comparse tre interviste di tre cantautori del modenese, a nostro modesto avviso i migliori: 7i (Nicola Setti), Marra Christmas (Marcello Maramotti) e Ed (Marco Rossi).
Tra l'altro sabato 13 novembre alla Tenda di Modena si esibiranno tutti e tre in occasione della presentazione del nuovo album di Ed "A quick goodbye"

Ecco le interviste e i myspace dei nostri cantautori

7i
intervista RER
myspace










Marra Christmas
intervista RER
myspace










Ed
intervista RER
myspace

mercoledì 3 novembre 2010

Furastér: Dino Fumaretto - La vita è breve e spesso rimane sotto (Trovarobato - 2010)



"La vita è una merda"

C’è gente che ci ride sopra. Vi ho visti, io, al concerto di Dino Fumaretto mentre ridevate. Eravate lì con il vostro cocktail preparato alla buona, parlavate di social network e dell’ultima sbronza quando entra Elia Billoni, sconosciuto esecutore del grande Fumaretto. Questo attacca una canzone urlando “la depressione mi schianta” e tutti giù a ridere. Io resto un po’ basito, forse non ho capito dov’è la battuta. “Ogni tanto mi guardo di dentro, che spavento” e vai con una valanga di risate. È strano che mi sia fatto sfuggire il senso anche di questa battuta, io il senso dell’umorismo ce l’ho eccome! “Venite assassini, uccidete i ladri e le donne” e tutti piegati in due. No, vi giuro che io amo ridere e non sono uno che si prende troppo sul serio. Infine Fumaretto vi confida un brutto incubo “un cane nero mi mangiava la pancia” ah ah basta, questo tipo mi fa morire dal ridere….
Ma che cazzo vi ridete? Vi pare un momento comico tipo le commedie di natale? Se ridete ascoltando La vita è breve e spesso rimane sotto siete delle brutte persone. Sì, perché è già tanto che Fumaretto abbia la forza di delegare a Billoni e alla Famosa Etichetta Trovarobato queste intimissime canzone per sputtanarle con gente come voi. Bisogna essere riconoscenti perché io certe cose mica le andrei a dire in giro, ci vuole molta fiducia nel prossimo. E voi gli ridete in faccia. Poi si sente dire che semmai Dino è un paranoico che non esce di casa perché è misantropo e per questo manda Elia a fare il lavoro sporco concertistico. Te lo credo, è già tanto che vi conceda di ascoltarle, le sue canzoni. Prendete la prima “la vita prosegue standard ma mi mancano i mezzi / uaaahhh / mi mancano i mezzi per variare lo stesso lamento / uaaaahh / ma soprattutto mi manca un soffio di vento da dentro”. Vi fa ridere anche questo? Se sì, io mi preoccuperei. Che sia forse il “uaaaah” a farvi sbellicare? Bhe lo ammetto, è un’onomatopea divertente, ma se uno ascolta bene la canzone non è altro che il lamento che l’autore sente ogni sera quando è solo. È un suono agonizzante che lo imprigiona, lo terrorizza come vedere all’improvviso un vecchio amico, come quando si perde nel centro, come quando vede un signore picchiare il vento, come quando all’improvviso si guarda di dentro. A me mette un’infinita mestizia, mi mette i brividi, mi fa freddo. Ok, mi rendo conto dell’ironia di cui è permeato l’album, mica sono stupido e nemmeno sto giocando sporco. Ce n’è di ironia, anzi io a questo punto lo definirei sarcasmo ma il fatto è che mi sembra strano considerare solo quello e non vedere tutto il resto. Insomma, che lo vogliate o no questo è un disco serio e mi dispiace di avervi rovinato la festa. Vi faccio altri esempi. Quando parla della mancanza di efficienza non dice forse una verità? Non è una scelta facile chiudersi in casa e non essere efficiente, oppure andare sì in ufficio ma per contare le pecore e spingersi molto più in là della semplice funzionalità. Poi è ovvio che arriverà qualcuno (cioè voi) a dirgli di svegliarsi e di andare da Giuliana perché là ci vanno tutti e lui mica può fare diverso dagli altri. Questo semmai trova il coraggio di uscire per vedersi una mostra di provincia, tra l’altro indecente, e voi vi sbellicate perché lui trova conforto nel rinfresco. Che bestie che siete. Ridete di lui anche quando mangia. Dunque non stupitevi se grida “fuck the world”: voi ex adolescenti non le dite più certe cose, il tempo delle A cerchiate è finito. Ma lui non si fa problemi a mandarvi tutti affanculo e a scagliarvi addosso questi inglesismi contro il sistema che vi meritate abbondantemente, detto fra noi. E anche se lo trovate “pavido” ed “arido” ha comunque il coraggio di aprirsi con voi: “ma sapete, ho voglia di tornare a casa e riposarmi, domare le colpe, portarmi a spasso, osare l’inutile. In quel posto abita una donna che vorrei riconoscere”. E al concerto vi guardate tra di voi (io vi ho visti, io) come per chiedervi: tu l’hai capita questa, dov’era la battuta? Non c’era nessuna battuta, stronzi.
Siete dei maledetti, ecco cosa siete. Ma non sentite che trasporto drammatico nella musica? Sì sì, dite pure che anche il suono è tutta ironia ma io non mi sbatterei così tanto a creare melodie potenti, drammatiche e alte solo per farvi sorridere una sera tra le tante in un trascurabile arci fuori mano. Siete un po’ presuntuosetti mi pare. È un rischio scrivere delle canzoni intime per poi farle ascoltare a gente indelicata come voi ed è normale se l’autore vi scrive “sono stanco di essere sminuito per aver rischiato, voglio un rischio a lieto fine che mi dica sempre iiih”.
Se poi il buon Fumaretto, nonostante il vostro indecoroso trattamento da persone non molto belle, riesce comunque a trovare il coraggio di guardare “la vita nel suo lato più good” non è di certo grazie a voi. Sfacciati.


01 Soffio di vento
02 Venite assassini
03 Vita in ufficio
04 Scorpione nero
05 Fuck the world
06 Nella casa
07 Mostra
08 Ti ricordi il mio dolore?
09 Nuvole e meraviglie
10 Iiih!
11 Altri sogni neri
12 Immersioni
13 Songo d'appendice
14 Omicidio
15 Guarda la vita (Always look on the bright side of life)

mercoledì 20 ottobre 2010

Lomas - Porci ceramiche (Dischi del culo - 1996)

Un anno dopo, 1996. Arriva il secondo split firmato Lomas/Bassnazz. Ma pensiamo ai Lomas, il disco probabilmente più riuscito della band modenese, il più provinciale, il più coerente. C’è un amore/odio per il territorio che viene fuori ovunque, da ogni canzone: peggio di Carboni, e scusateci se continua il paragone con il cantautore bolognese (“la mia città / non la conosco mai fino in fondo”). Ma rispetto a Carboni i Lomas hanno più coraggio perché vanno a citare i nomi dei più improbabili paesi o quartieri locali, da Baggiovara alla Madonnina alla Sacca. Da Montecreto a Montefiorino, a Pavullo, Fanano e Serramazzoni: una pessima scelta commerciale. Nella citazione di paesi, quartieri, posti e locali si respira un’aria molto campanilista tipo scontro autoctono/straniero, e la cosa fa perché è vera tutt’oggi. Porci ceramiche é anche il disco musicalmente più punk del gruppo: un punk spesso hardcore, a volte con chitarre alla Van Halen. A bassa definizione, ma più alta di Modena stazione di Modena. Un punk il più Husker Du possibile, gli Husker di Flip your wig con rullate martellanti, riff veloci di chitarra molto orecchiabili e distorti, cori e doppie voci.
Si parte con Radio lomas (wadoo gibas truck), una sorta di manifesto politico inaugurale. Immaginatevi un gruppo di anarchisti che scancherando con canon jack e cacciavite rubano qualche metro quadrato di frequenze di radio affermatissime come Radio Bruno o Radio Stella per fini sicuramente positivi: commentare le partite di Champions senza parzialità, passare i demo di quei gruppi locali che non sono mai passati (tipo i Julie’s Harcuit, al tempo, o gli Specialisti), disturbare per disturbare. Etica da Antenna Uno Rock Station.
Continua anche in questo lavoro l’autoreferenzialità del gruppo: in Mai più gratis, come se i Lomas incidessero solamente per farsi sentire dagli amici più cari: d’ora in poi suoneranno solo se pagati, tranne nei posti tipo la Scintilla. Anche in Blu di metilene è chiamato in causa un amico, direttamente Termos, ex Paolino e probabile guru generale della scena Dischi del culo modenese.
Se dico che Porci ceramiche è il disco probabilmente più riuscito della band modenese sicuramente é per la presenza di Ventilatore, il pezzo rap che fotografa in pochi versi molta della poetica Lomas, un po’ come un ragno al centro della ragnatela che controlla tutto intorno: dalla "prima lezione", il rispetto richiesto per tutti quelli che hanno avuto una giornata dura, e anche una sorta di auto legittimazione per testi così quotidiani e alla mano; fino a quella parte che fa “devi scavare fino in fondo perché lomas va, e lomas sa perchè sa che la verità si nasconde dietro a poche semplici parole”.
Traccia numero sei, Tre giorni, si parte con “la vita è stata in discesa ma quando colpisce colpisce pesa e a caso”. Batteria che picchia e riffettino accattivante sopra i soliti quattro accordi. Uno dei pezzi più lunghi del disco, stile tipo raccontino che sarà eguagliato solo da Racconti di Modena Est, anno ‘98. E le canzoni 7, 8, 9, 10: perle ceramiche. Lorenzo come sacrosanta presa di distanza dal modello di cantante alla mano ma "uber alles", soprattutto rispetto al quotidiano (“voi che siete sempre sorridenti, non vi capita mai di stringere i denti?”). Torneo della montagna, che sta a Lomas come Albachiara sta a Vasco Rossi: c’è tutta l’estraneità di qualcuno per qualcuno, estraneità patriottica che diventa esistenziale: e si finisce in botte. Modena amara, altro racconto ben fatto che cita i classici vip da stazione delle corriere, gente che c’è rimasta in mezzo, o rimasta e basta, quella che chiede sempre le sigarette. I posti: il bar Paola, il Picchio Rosso, la Mongola. Comprare da fumare. E i conti con la realtà: dopo viaggi su viaggi verso Rimini destinazione Columbus, prima o poi si alza la paletta del vigile che ti sequestra la macchina e ti lascia di merda e in lutto. Esagera, scherzo di rime facilissime e viaggio nei quartieri fuori centro tipo la Sacca, la Madonnina, di sera, a riflettere su Modena in generale, sentirne l’aria e l’anima e gli odori più culinari: “una città come la nostra o ci stai dentro fino al collo o sei fuori”. I Lomas filosofi usavano il rap per fare la loro cosa.
Poi arriva Settembre, un tributo forse involontario a un altro provinciale, il Guccini semi-modenese della Canzone dei dodici mesi: Settembre però si risolve in soli sei mesi e non dodici. E ricorda molto da vicino le dinamiche di Chicco e Spillo, ‘92, che però finiva ancora più tragicamente.
Trentasei minuti di disco, abbiamo già superato la metà. Dire fare baciare, la canzone più tetra dell’album, quella più sfigata perché anche molto seria nonostante ci siano Paperinik, il lardo, Topolino, la pornografia e gli orgasmi in bagno. Tipo l’uomo qualunque che cerca un senso e non lo trova, e per questo è molto arrabbiato.
Sei stato te riprende la vena demenziale del primo album, e molti personaggi diciamo stronzi della compagnia: si finisce con una tarantella e un dialetto simil-napoletano, quando la musica cambia di botto. Le chitarre Nofx di Non lo capisti mai, l’hardcore di Po, lo ska di Rollerblade: quattro minuti scarsi e si arriva all’ultima grande perla di Porci ceramiche: Sassuolo-Baggiovara, un viaggio nella Modena più vicina alle colline. La Modena del trenino di provincia, per gli amici gigetto, che dimezza le distanze: qui c’è del punk, ce n’è un bel po’. Casinalbo e la Vecchia Baviera, la birra scura, un appuntamento rimandato a primavera quando si potrà girare facile in motorino.
C’è anche l’amore in questo disco, e con l’amore il disco si chiude. C’è il problema dell’approccio e della tipa complessata: Perry, ragazza difficile, famiglia difficile e gatti difficili. Anche Cane: la porta che non si apre, lui che ritorna a casa, e l’amico che lo sostiene. Quindi lui che ci riprova ma niente, il telefono continua a suonare. Carboni diceva che “amando le donne si fanno mille chilometri”. O no?

Tracklist
01 Radio Lomas (wadoo gibas truck)
02 Perderai
03 Mai più gratis
04 Blu di metilene
05 Ventilatore
06 Tre giorni
07 Lorenzo
08 Il torneo della montagna
09 Modena amara
10 Esagera
11 Settembre
12 Dire fare baciare
13 Sei stato te
14 Non lo capisti mai
15 PO
16 Rollerblade
17 Sassuolo-Baggiovara
18 Pompa di benzina
19 Perry
20 Cane

Attivisti! - Remiximer, l'elettrodomestico che ti toglie l'amarix (2009)


C’è chi dice sia meglio dell’album “vero”, io sono indeciso, quindi tengo tutti e due alla pari. Però questo Remiximer è veramente bello. Si può leggere come un tributo a tutta la musica che ascoltano gli Attivisti!, e stiamo parlando di generi e generi. Si potrebbe scambiare per un disco bonus, di quelle raccolte di b-sides tanto care ai feticisti musicali, e di solito stampate per mercati ultra-di-nicchia da improbabili etichette discografiche. Si potrebbe anche fare un paragone: Remiximer è l’equivalente modenese di “Trainspotting OST Volume II”: un calderone incredibile di generi e stili messi insieme con sapienza da major, impreziosita dalle definizioni dei tipi di remix sperimentati (una nuova branchia della critica musicale). Remiximer prende le canzoni di C’avevo l’amarezza stravolgendole completamente, dando al tutto un’anima da colonna sonora: sarebbe sbagliato considerarlo come semplice appendice e non qualcosa di più, un progetto voluto e portato a termine con lucidità. L’album comincia con Mirandola (byomedical trance mix), brano molto più drugo dell’originale, più trainspotting, trance appunto, e il solito Pico che si sbronza nei locali. Gli stessi locali dove è nata nell’ebbrezza generale Autovelox, il pezzo che all’inizio era punk, ma che qui è riproposto dubbeggiante con Autovelox (Zeta ti reggae photodread remix). Stessa sorte per Siluro (predator vs katena alimentare remix), tranquillamente raddoppiata rispetto all’originale e atmosferizzata in senso new wave, con tanto di calcata drum machine e tutto. Il reggae è lo stile più navigato in Remiximer, una sorta di filo conduttore o musa ispiratrice del gruppo: è questo il caso esemplare di Modena Beach (ghirlandub remix), il capolavoro del disco: versione dub, ma dub fatta da chi suona il punk, quindi il meglio del dub possibile: stiamo parlando di sonorità da Armagideon Time, e non si scherza. Modena Beach è infinita, cinque minuti e passa, ma tastiere ed effetti che non stancano mai, così come la voce ripetuta ma non ossessiva, diciamo “ideale”. Tributati anche i Joy Division e il basso di Peter Hook nella versione danzereccia di Piero Angela (qui joy divhitchcock version): l’immediatezza del pezzo è mantenuta tranquillamente rispetto all’“originale” ma con un calco in più su bassi e sentimenti di pentimento. Anche la traccia numero sette, Non si esce fiki dagli anni 80 (Turbomannaggia mix), già verso agli Afterhours, mantiene tutte le tastiere eighties della versione originale trasportandole però nei baracconi da sagra paesana di almeno un decennio dopo. Attivisti in da auz (deep sakka remix) è invece un’altra possibile faccia del classico degli Attivisti!: rimane l’autoreferenzialità e tutto il potenziale anarchista del testo conditi da tastiere più ossessive rispetto a C’avevo l’amarezza. Remiximer si chiude con I.R.P.E.F, l’unico “vero” inedito del disco: una carellata di sigle su sigle, partiti e uffici burocratici: il pezzo sembra richiamare musicalmente agli Offlaga Disco Pax, ma lo spirito è quello di Fetta. Un gruppo intelligente, mai banale, anche in questa seconda occasione. Scaricate!

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Tracklist
01 Mirandola (byomedical trance mix)
02 Autovelox (zeta ti reggae photodread remix)
03 Non ho mai visto Venezia (seremixima version)
04 Siluro (predator vs katena alimentare remix)
05 Modena beach (ghirlandub remix)
06 Piero Angela (joy divhitchcock version)
07 Non si esce fiki dagli anni 80 (turbomannaggia mix)
08 Attivisti in da auz (deep sakka remix)
09 I.R.P.E.F.

giovedì 7 ottobre 2010

Lomas - Modena stazione di Modena per Carpi Suzzara Mantova si cambia (Dischi del culo - 1995)


Dedicato a Lester

«Cari nipotini miei, sedetevi sulle mie ginocchia che vi racconto una storia. L’altro giorno sentivo che ascoltavate quella musica di merda e la canticchiavate come fosse qualcosa di rilevante. Ora lasciate che lo zio vi esplichi due concetti sulla musica che c’era negli anni 90.»
«Gli anni 90? Zio spero non si tratti delle solita musica di merda di Modena, sono anni che ce ne parli. Sei patetico! E poi a Modena c’erano solo cover band di Ligabue, pianobaristi e tournisti del liscio.»
«Zitto piccola carogna. Non sai un cazzo della musica che girava allora. In quegli anni c’era un fermento culturale che ora ve lo sognate voi infanti del 2030. La città era piena di eventi, di iniziative, di subculture giovanili, c’erano anche i mods, sapete?»
«Stai bleffando ancora vecchiaccio. Tu negli anni 90 eri in fase preadolescenziale e vivevi in quel buco di culo della bassa. Come fai a sapere che musica c’era?»
«Lasciatemi terminare il discorso piccoli cancheri, altrimenti il vostro vecchio zio perde il filo. Dicevo che c’erano i concerti, anzi c’era la “cultura dei concerti”. Gli amici del quartiere si ritrovavano nei soliti posti, i soliti centri sociali, i soliti pub ad ascoltare musica e a bere birra. Ascoltare e bere, questa era la cultura. Oggi uscite di casa solo per andare in quelle orribili balere per tossici d’alta classe. E poi i grandi gruppi di Modena erano tutti amici tra di loro, c’era molta ammirazione tra le band di quella “scena modenese”. I gruppi andavano a vedere i concerti degli altri gruppi, gli uni suonavano le canzoni degli altri e così via. La quotidianità era scandita da queste cose, dagli amori di quartiere, dalle partite a pallone alla polisportiva, dai concertini alla Scintilla e dai fiumi di birra che si bevevano dietro il bancone di un bar. Non c’erano computer, mp3 e quei cazzo di marchingegni che usate adesso, le amicizie venivano coltivate faccia a faccia, giorno per giorno…»
«Oddio, ecco che parte con la retorica…arriva al punto, vecchiaccio. Di chi ci vuoi parlare?»
«Dei Lomas, la band formata dalle ceneri della Paolino Paperino Band. A dire il vero è Fox l’unico paolino sopravvissuto. Dovete sapere che esordirono con un disco destinato a rimanere nella mitologia di quella generazione: Modena stazione di Modena per Carpi Suzzara Mantova si cambia che altro non era che lo storico messaggio ripetuto dagli altoparlanti alla stazione. Si tratta di uno split condiviso coi Bassnazz e…sì marmocchi, avete intuito bene, il disco parla di Modena e dei personaggi che affollavano allora la città ».
«Ma zio, non si sente un cazzo. È registrato male e il cantante stona»
«Sì piccole zecche, è stato eseguito e registrato col culo e del resto dovrei illustrarvi che cos’è il punk prima di farvelo sentire. Anche i testi, per gli ascoltatori ottusi e ritardati come voi, possono sembrare fatti un poco alla cazzo e non intrisi di quella poesia urbana e provinciale che pochi possono carpire. Ma vi basterà sapere che la genialità dei Lomas non era nella tecnica, anche se io e un mio vecchio amico amavamo stimare il tocco indefinito e quasi improvvisante della chitarra di Fox. La genialità era nell’attitudine punk e in un’altra virtù che non so definire se non con “rappresentatività”. Sapevano rappresentare ironicamente e svaccatamente la gente e la società di allora tramite degli strani personaggi di poco inventati: William Garuti, Rocco Cinghiale, Franco, Emilio Battaglia, Carlo Luppi, Claudio Bellei… Quei personaggi erano quasi tutti emarginati ed ostracizzati come appunto Luppi e il povero Bellei, destinato a suonare male in una città di cover band e tecnicisti di sto cazzo. I loro personaggi erano tanto rappresentativi da costituire una vera e propria mitologia modenese. Una sorta di lomaseide fatta non di eroi ma di antieroi. Loro stessi, giovani trovatori punk, sono divenuti un simbolo che, in quanto portavoce generazionale si sono fatti leggenda. Noi brufolosi feticisti del punk quando nominavamo Fox o Bitto o Bambo o Mucci lo facevamo col cappello in mano, noi. Ma personaggi a parte, la cosa che rendeva i Lomas interessanti era il pensiero sotteso ad ogni canzone. Volete che ve ne parli?»
«No».
«Alla vostra età avevo letto un blog che riassumeva la filosofia dei Lomas in questa frase “La vita è una merda. Ah sì? Bé vaffanculo”. Quel blog partiva dal nichilismo, e di nichilismo ce n'era a palate: la vita è una merda e se proprio non ce la fai allora ascoltati queste storie. Sono storie di persone quotidiane e non si trattava per forza di nostri concittadini, ma della provincia in senso lato, capite? Però da tutto quel piattume provinciale, descritto come lo farebbe un Carboni con più cazzi in bocca, si intravedeva un pallido antidoto, una sorta di speranza che qualcosa da salvare in fondo c’era, un qualche riscatto da cercare proprio in nella quotidianità grigia. Nel secondo disco c'è un pezzo che dice "devi scavare fino in fondo perché lomas va, e lomas sa perchè sa che la verità si nasconde dietro a poche semplici parole". Capite, mie care polpette avvelenate? La vita è una merda ma se cerchi forse un giorno "sboccerà un fiore nel deserto" quindi coraggio e fammi un'altra birra. Scusate se vi cito addosso da mezz’ora ma a quei tempi noi si sapeva trovare una citazione dei Lomas per ogni occasione della vita e le nostre ragazze per questo intimavano di lasciarci. Non ci credete? Provate a sciorinare argomenti a caso, se ne siete capaci».
«Bho, il natale»
«Ah, facile! Lui diceva di esser nato proprio quel giorno lì. Lui diceva che il natale era anche il suo compleanno, lui diceva così e diceva che da questo fatto ne ha avuto un danno»
«Motori»
«La nella bassa la strada è dritta mentre tu saldi quella marmitta»
«La morte»
«Amici e congiunti siam tutti qui riuniti per riuniti per ricordare i due defunti»
«L’economia»
«Franco la tua azienda è rovinata, la Pirelli è già quotata zero a Tokyo e l’Olivetti non esiste più»
«La figa»
«Tu che sei brutto dai non venire, smarrisci le donne, vai a casa a dormire»
«Questi Lomas ci dicono anche cosa dobbiamo fare stasera?»
«Questa sera non so cosa fare, dove diavolo si può andare? Voglio andare al cinema ma che idea della madonna»
«Basta, te la diamo vinta così la smetti di tediarci»
«Ho quasi finito, pazientate odiose pustole, poi vi lascerò andare alle vostre occupazioni dementi. Non avete capito un cazzo di quello che ho detto finora, vero? Ma non ve ne faccio un colpa…il fatto è che nessuno ha mai capito l’universalità dei Lomas perché la toponomastica ci ha fregati tutti. Le Morane, il parco Amendola, via Crespellani ci hanno depistato. La verità è che queste sono canzoni universali, traducibili in tutte gli idiomi delle nostre città, ma forse nemmeno Fox & co. lo avevano capito.
Ma adesso basta, ché il vostro zio si commuove in fretta a parlare di questo disco. Oh, come vorrei essere catapultato in quegli anni, quando Franco andava a mangiare il gelato di Mattioli con la sua bella, quando gridavamo “sta volta at vé po’ a pé” a quelle fighe di legno, quando lasciavamo a casa Rocco Cinghiale perché era brutto come i debiti, quando c’erano i mods alle Morane, quando occupavamo le ragazze per autogestirle, quando Carlo Luppi fu licenziato e ce ne andammo a pescare, quando si suonava peggio di Claudio Bellei e non ci accordavamo senza l’accordatore. Eh, si stava meglio allora…»
«Ce la potevi risparmiare questa, nostalgico di un vecchio»

Tracklist
15 Una birra
16 Alle Morane
17 William Garuti
18 Rocco Cinghiale
19 San Valentino
20 Ciccio Fortuna
21 Franco
22 Spezzerai il mio cuor
23 Sei come un caterpillar
24 Emilio Battaglia
25 Tortellino Nero
26 Chi era l'assassino
27 Ragazza autogestita
28 Po' va
29 Lui diceva che
30 Carlo Luppi
31 Claudio Bellei

lunedì 27 settembre 2010

In onda su Radio Antenna1!

Mercoledì 27 settembre. dalle 16 alle 18, il programma di Radio Antenna1 "Bankshot" ospiterà Te Suoni Male! per due ore di musica della nostra provincia. Paolino, Lomas, Superciuk, Vasco, Water in face, Zoe Lea, Vina3, Ballerine volanti, Marra Christmas e veramente tanto altro!
Potete ascoltarci in streaming dal sito www.radioantenna1.com
Vi aspettiamo!

venerdì 17 settembre 2010

Furastér: Buzz Aldrin - Ep (Secret Furry Hole - 2009)

Nasce una nuova rubrica di TSM per poter ospitare recensioni e impressioni di alcuni gruppi e artisti che amiamo delle province a noi tangenti e contigue. Così come i nostri nonni erano soliti definire coloro che venivano da altri paesi, la rubrica si chiamerà Furastér.



Qui è il Centro Recupero Musicale Terrestre, situato sulla stazione interspaziale.
Abbiamo appena recuperato un cd (così erano chiamati dai nostri antenati i supporti musicali) scampato alla grande catastrofe. Appena qualche anno prima che il cataclisma ci costringesse a fluttuare per lo spazio in cerca di un altro pianeta, in quello stato che chiamavano Italia fu prodotta questa opera. Poco sappiamo sulla musica che ascoltavano i nostri antenati, abbiamo recuperato solo un tale Ligabue, una cantante di nome Alexia e una band chiamata Albano e Romina. Da queste opere emergeva una ridente Italia piena di voglia di divertirsi e caserecci sentimenti d’amore, o almeno fino al 2009 perché la musica dei Buzz Aldrin ci fa supporre che qualcosa di terribile deve essere accaduto nel mondo. Forse un presagio della Fine che sarebbe arrivata.
Da quello che sappiamo la musica è stata polifonica per secoli ma in queste canzoni è invece ridotta al lamento di una sola nota che si protrae per la lunghezza di ogni pezzo. I ritmi sono monotoni, ossessivi come una catena di montaggio, come le stampanti di un ufficio che lavorano ininterrottamente, come gli squilli delle chiamate di un call center. Sono un coro di rumori in loop che minacciano di poter continuare all’infinito. Possiamo presupporre che i primi anni del duemila furono anni bui, forse un grande dittatore dominava il paese imponendo alle sue formiche di lavorare, forse le città erano degradate e pericolose. Ci immaginiamo Bologna, la città del gruppo, come una città scura dove non splende il Sole da anni. La immaginiamo abitata da strani esseri alienati che si radunano in tribù per sopravvivere alla Grande Crisi del duemila. Lavorano e faticano per il dittatore mentre cantano canzoni come quelle delle piantagioni americane ma tradotte per la metropoli del terzo millennio. Le percussioni suonano come inni tribali come l'insana ritmica del traffico della città. Forse non sono canzoni, ma riti per invocare il ritorno del Sole. Ma il Sole, in questo cd, non compare neanche un secondo. Questa musica è solo buio, asfalto e acciaio.
Abbiamo recuperato altri due cd che reputiamo simili e oscuri come quelli dei Buzz, trattasi di tali Suicide e Joy Division. La poetica è simile: una sola nota ossessiva, un ritmo ripetitivo che non ha fine e la malattia di una voce che sembra essere a un passo dall’oscurità. Questa è la musica dell’Apocalisse, è la musica di una nazione che ora non esiste più.


Tracklist
01 Giant rabbit are looking at the sun
02 Small bad talk with koala friends
03 In star city
04 Cooking dog eggs
05 Lets walk the children around the space

lunedì 13 settembre 2010

Nevruz Joku e le Ossa (28 agosto 2010), resoconto di un concerto

Giustifica
Il ritrovo del concerto delle Ossa era al nuovo Libera ovvero un'officina rimessa a nuovo per ospitare concerti. Non può esistere un posto migliore per ospitare un concerto delle Ossa, gruppo che dice di fare "rock per operai".
Ma questo non è il loro concerto di sempre. Si è sparsa la voce che Nevruz Joku è stato preso a X Factor. Io e i miei amici siamo piuttosto eccitati per la cosa e un po' spaventati, come quando un amico parte per un erasmus e chissà quando lo rivedremo ma soprattutto chissà quanto tornerà cambiato. Ma questa è solo un'osservazione egoistica di gente provinciale che si vuole tenere il Nevruz tutto per sé. Perdonateci, ma in questo blog di provincia si parla.
L'atmosfera è lugubre, Nevruz sta accendendo candele da posizionare su tutto il palco e noi non vediamo la presenza dell'inquietante Dr. Scheletro, il batterista. Da questi due indizi intuiamo che sarà un vero e proprio unplugged. "Allora ce l'hai fatta vez, vai ad X Factor" dico il più freddo possibile per non far trapelare la mia eccitazione. "Non posso dire niente, si saprà tra qualche giorno" dice lui non convincendoci per niente. Tutto il popolo della rete si chiede chi è questo Nevruz che parteciperà al programma e in fin dei conti l'unico che non fa cenno alla futura esperienza televisiva è proprio lui. Prima dello show parliamo con Monsieur Demon, il violoncellista che accompagna Nevruz e lo Scheletro su tutti i palchi. Demon ci impezza per un'ora
parlando di tutto quello che gli viene in mente (cose che non posso riferire) mentre Nev fa stranissimi gargarismi per scaldare la sua voce. Alle 2 del mattino salgono sul palco, si spengono le luci. Una litania orientaleggiante esce dalla chitarra acustica di Nevruz mentre Demon lo segue un po' improvvisando. Le canzoni migliori (Nel tubo, 118, Siamo nudi) sono un po' stravolte, capiamo che non si tratta di un concertino messo su in cinque minuti per l'assenza del batterista, Nevruz ha proprio ri-creato le melodie e i ritmi. "Mais oui, monsieur demon! Mais oui, monsieur demon! Mais oui, monsieur demon!" ripete senza tregua Nev nell'apice di follia del concerto. L'ho visto diverse volte ripetere frasi senza senso per tutta la durata della canzone, nei Qvestion tag
(dove ormai fieramente sbadiendiero di aver militato) ripeteva cose del tipo "Sembriamo i Kyuss" o "Vito è tutto rotto" fino a che gli pregavamo di smettere. "Ho paura di tradire il rock" mi aveva detto poco prima di salire sul palco "ma io sto con le pezze al culo". Capisco cosa vuole dire. Capiamo tutti noi amici della prima e dell'ultima ora che ci abbiamo parlato per qualche ora o per anni. E quando parla di tradire il rock, capiamo che non è una frase da programma tv, è qualcosa di spaventosamente vero. Un genere musicale ad alcuni può far ballare, ad altri salva la vita, a me sembrerebbe ridicolo se non avessi visto Nev regalarmi la cassetta dell'unplugged degli Alice in Chains quasi con le lacrime agli occhi, "Io mi addormento sempre ascoltandola".
Finisce il concerto e questi sono stati i suoi saluti dal palco: "Sto per partire per un viaggio, ma vi porto tutti con me". Allora capisco perchè attrae così tanto quel ragazzo: nonostante abbia una concezione di show come di un evento teatrale, di finzione, di maschere, di trucchi, e personaggi, quello che mette in scena è lo show della sua vita.

mercoledì 25 agosto 2010

Smegma - L'isola di Ciacciaciuccia (Dischi del culo - 1996)

Ho sempre pensato che i Superciuk imitassero i Lomas e che gli Smegma imitassero i Superciuk. In realtà sono tre realtà indipendenti e diverse ma se dovessi trovarmi di fronte il diavolo che mi dice “appiccica l’etichetta di ‘imitatore’ a uno di questi tre gruppi o ti getto nella Geenna dove sarà pianto e stridore di denti”, bé in quel caso l’appiccicherei agli Smegma. Ma ci sono alcune precisazioni che dovrei fare a Lucifero, altrimenti la recensione sarebbe viziata da incompletezza di informazione.
Sento i Superciuk e i Lomas e penso a quel punk che pure nella sua ironia (non proprio demenzialità) mi ha dato qualcosa di concreto nella mia vita. Se vedo uno scout in giro per strada inizio a gridare nella mia testa “Uh, alele ciketonga!” (vedi Superciuk). Se devo decidermi a chi dare il mio voto penso alla fetta di salame (vedi Paolino). Se sto andando all’ipercoop penso a William Garuti e mi ricordo di fermarmi allo stop (vedi Lomas). Questo è in definitiva ciò che amo del punk di questa città. Qundo devi fare gli auguri a qualcuno devi per forza dirgli “Lui diceva di esser nato proprio quel giorno lì” (vedi ancora Lomas) come se esistesse un verso di una loro canzone per ogni momento della vita. Questo è ciò che amo più ed è anche ciò che manca agli Smegma. Se mi ferma un vigile penso a quello “modestamente urbano” della Paolino piuttosto che al “porco” smegmiano (canzone però, Porci, da non sottovalutare con quei pregevoli assoli di grugnito suino). Egidio è un personaggio fantozziano che tenta invano il suicidio per poter apparire in tv. La ascolto e proprio quando mi sta per piacere penso subito a Franco, a Carlo Luppi e a Rocco Cinghiale (o al limite all’omonimo Egidio dei Superciuk) e questi sì che mi sembrano personaggi reali, dei veri e propri sfigati. Sono persone che abbiamo visto mille volte, forse siamo proprio noi. Anche quando gli Smegma tentano nuovi approcci al punk passando per qualche giro di chitarra più sudamericano non arrivano a Silvana né ai brasilianismi dei Lomas. La tromba, onnipresente più di qualsiasi altro strumento e perennemente in primo piano è la tipica tromba ska-punk mentre i fiati dei Superciuk sono usati molto sapientemente, non disturbano e spesso scompaiono per valorizzare il resto della band. Qui la tromba è spaventosamente anni 90 (è la trombetta che sentivo al Tempo, appena prima del brufoloso momento del pogo, quando parlando di ska intendevamo i Punkreas e non gli Skatalites, Aitken o gli Specials), ma del resto siamo proprio nel 96.
Ma al diavolo non dovevo spezzare qualche lancia in favore degli Smegma? Eccole:
1 I ritornelli sono quasi sempre azzeccati: Egidio, Rocci, Puttaniere, Il virus. Sono da urlare sotto il palco in elevato stato alcolico.
2 Rocci è la perla dell’album “Gli Smegma suonan meglio e son più belli dei Take That. I nuovi Beatles siamo noi ma i vostri fans sarete voi, noi vogliamo dire che vi faremo un bel toc toc, ambarabaciccicoccò”
3 Porci è un funky poliziottesco anni 70 niente male. La colonna sonora di un ipotetico Modena Calibro 9.
4 Il titolo (L’isola di Ciacciaciuccia) e la copertina fatta dal trombettista Moco meritano veramente. Nobilitano il tutto. Mi hanno esaltato prima ancora di sentire il cd.
5 La registrazione è opera di Termos e l'album è marchiato “Dischi del culo”. Anche questo è ammirevole.

Forse non saranno nulla di nuovo ma non penso che a loro freghi qualcosa. Il diavolo mi ha costretto a parlare sinceramente e io l’ho fatto ma un po’ mi dispiace che per colpa mia forse Satana non si ascolterà mai gli Smegma. In fondo mi hanno divertito, mi hanno coinvolto con il loro fancazzismo. Se dovessero tornare su qualche palco sicuramente correrei a vederli. E poi, al diavolo che farà tante storie per non ascoltarli, loro risponderebbero “Cantiam queste canzoni perché siamo dei cafoni , siamo gli idoli indiscussi in un paese di musoni, più la gente si lamenta più cantiamo con demenza”
Dopo una frase così dimentico ogni remora e sbarco anch’io sull’isola di Ciacciaciuccia.

Tracklist:
01 Egidio
02 Rocci
03 Do it
04 Porci
05 Berluska
06 Puttaniere
07 Il virus ciacciaciuccia
08 Cambiati la faccia
09 Filosofia