Un anno dopo, 1996. Arriva il secondo split firmato Lomas/Bassnazz. Ma pensiamo ai Lomas, il disco probabilmente più riuscito della band modenese, il più provinciale, il più coerente. C’è un amore/odio per il territorio che viene fuori ovunque, da ogni canzone: peggio di Carboni, e scusateci se continua il paragone con il cantautore bolognese (“la mia città / non la conosco mai fino in fondo”). Ma rispetto a Carboni i Lomas hanno più coraggio perché vanno a citare i nomi dei più improbabili paesi o quartieri locali, da Baggiovara alla Madonnina alla Sacca. Da Montecreto a Montefiorino, a Pavullo, Fanano e Serramazzoni: una pessima scelta commerciale. Nella citazione di paesi, quartieri, posti e locali si respira un’aria molto campanilista tipo scontro autoctono/straniero, e la cosa fa perché è vera tutt’oggi. Porci ceramiche é anche il disco musicalmente più punk del gruppo: un punk spesso hardcore, a volte con chitarre alla Van Halen. A bassa definizione, ma più alta di Modena stazione di Modena. Un punk il più Husker Du possibile, gli Husker di Flip your wig con rullate martellanti, riff veloci di chitarra molto orecchiabili e distorti, cori e doppie voci.
Si parte con Radio lomas (wadoo gibas truck), una sorta di manifesto politico inaugurale. Immaginatevi un gruppo di anarchisti che scancherando con canon jack e cacciavite rubano qualche metro quadrato di frequenze di radio affermatissime come Radio Bruno o Radio Stella per fini sicuramente positivi: commentare le partite di Champions senza parzialità, passare i demo di quei gruppi locali che non sono mai passati (tipo i Julie’s Harcuit, al tempo, o gli Specialisti), disturbare per disturbare. Etica da Antenna Uno Rock Station.
Continua anche in questo lavoro l’autoreferenzialità del gruppo: in Mai più gratis, come se i Lomas incidessero solamente per farsi sentire dagli amici più cari: d’ora in poi suoneranno solo se pagati, tranne nei posti tipo la Scintilla. Anche in Blu di metilene è chiamato in causa un amico, direttamente Termos, ex Paolino e probabile guru generale della scena Dischi del culo modenese.
Se dico che Porci ceramiche è il disco probabilmente più riuscito della band modenese sicuramente é per la presenza di Ventilatore, il pezzo rap che fotografa in pochi versi molta della poetica Lomas, un po’ come un ragno al centro della ragnatela che controlla tutto intorno: dalla "prima lezione", il rispetto richiesto per tutti quelli che hanno avuto una giornata dura, e anche una sorta di auto legittimazione per testi così quotidiani e alla mano; fino a quella parte che fa “devi scavare fino in fondo perché lomas va, e lomas sa perchè sa che la verità si nasconde dietro a poche semplici parole”.
Traccia numero sei, Tre giorni, si parte con “la vita è stata in discesa ma quando colpisce colpisce pesa e a caso”. Batteria che picchia e riffettino accattivante sopra i soliti quattro accordi. Uno dei pezzi più lunghi del disco, stile tipo raccontino che sarà eguagliato solo da Racconti di Modena Est, anno ‘98. E le canzoni 7, 8, 9, 10: perle ceramiche. Lorenzo come sacrosanta presa di distanza dal modello di cantante alla mano ma "uber alles", soprattutto rispetto al quotidiano (“voi che siete sempre sorridenti, non vi capita mai di stringere i denti?”). Torneo della montagna, che sta a Lomas come Albachiara sta a Vasco Rossi: c’è tutta l’estraneità di qualcuno per qualcuno, estraneità patriottica che diventa esistenziale: e si finisce in botte. Modena amara, altro racconto ben fatto che cita i classici vip da stazione delle corriere, gente che c’è rimasta in mezzo, o rimasta e basta, quella che chiede sempre le sigarette. I posti: il bar Paola, il Picchio Rosso, la Mongola. Comprare da fumare. E i conti con la realtà: dopo viaggi su viaggi verso Rimini destinazione Columbus, prima o poi si alza la paletta del vigile che ti sequestra la macchina e ti lascia di merda e in lutto. Esagera, scherzo di rime facilissime e viaggio nei quartieri fuori centro tipo la Sacca, la Madonnina, di sera, a riflettere su Modena in generale, sentirne l’aria e l’anima e gli odori più culinari: “una città come la nostra o ci stai dentro fino al collo o sei fuori”. I Lomas filosofi usavano il rap per fare la loro cosa.
Poi arriva Settembre, un tributo forse involontario a un altro provinciale, il Guccini semi-modenese della Canzone dei dodici mesi: Settembre però si risolve in soli sei mesi e non dodici. E ricorda molto da vicino le dinamiche di Chicco e Spillo, ‘92, che però finiva ancora più tragicamente.
Trentasei minuti di disco, abbiamo già superato la metà. Dire fare baciare, la canzone più tetra dell’album, quella più sfigata perché anche molto seria nonostante ci siano Paperinik, il lardo, Topolino, la pornografia e gli orgasmi in bagno. Tipo l’uomo qualunque che cerca un senso e non lo trova, e per questo è molto arrabbiato.
Si parte con Radio lomas (wadoo gibas truck), una sorta di manifesto politico inaugurale. Immaginatevi un gruppo di anarchisti che scancherando con canon jack e cacciavite rubano qualche metro quadrato di frequenze di radio affermatissime come Radio Bruno o Radio Stella per fini sicuramente positivi: commentare le partite di Champions senza parzialità, passare i demo di quei gruppi locali che non sono mai passati (tipo i Julie’s Harcuit, al tempo, o gli Specialisti), disturbare per disturbare. Etica da Antenna Uno Rock Station.
Continua anche in questo lavoro l’autoreferenzialità del gruppo: in Mai più gratis, come se i Lomas incidessero solamente per farsi sentire dagli amici più cari: d’ora in poi suoneranno solo se pagati, tranne nei posti tipo la Scintilla. Anche in Blu di metilene è chiamato in causa un amico, direttamente Termos, ex Paolino e probabile guru generale della scena Dischi del culo modenese.
Se dico che Porci ceramiche è il disco probabilmente più riuscito della band modenese sicuramente é per la presenza di Ventilatore, il pezzo rap che fotografa in pochi versi molta della poetica Lomas, un po’ come un ragno al centro della ragnatela che controlla tutto intorno: dalla "prima lezione", il rispetto richiesto per tutti quelli che hanno avuto una giornata dura, e anche una sorta di auto legittimazione per testi così quotidiani e alla mano; fino a quella parte che fa “devi scavare fino in fondo perché lomas va, e lomas sa perchè sa che la verità si nasconde dietro a poche semplici parole”.
Traccia numero sei, Tre giorni, si parte con “la vita è stata in discesa ma quando colpisce colpisce pesa e a caso”. Batteria che picchia e riffettino accattivante sopra i soliti quattro accordi. Uno dei pezzi più lunghi del disco, stile tipo raccontino che sarà eguagliato solo da Racconti di Modena Est, anno ‘98. E le canzoni 7, 8, 9, 10: perle ceramiche. Lorenzo come sacrosanta presa di distanza dal modello di cantante alla mano ma "uber alles", soprattutto rispetto al quotidiano (“voi che siete sempre sorridenti, non vi capita mai di stringere i denti?”). Torneo della montagna, che sta a Lomas come Albachiara sta a Vasco Rossi: c’è tutta l’estraneità di qualcuno per qualcuno, estraneità patriottica che diventa esistenziale: e si finisce in botte. Modena amara, altro racconto ben fatto che cita i classici vip da stazione delle corriere, gente che c’è rimasta in mezzo, o rimasta e basta, quella che chiede sempre le sigarette. I posti: il bar Paola, il Picchio Rosso, la Mongola. Comprare da fumare. E i conti con la realtà: dopo viaggi su viaggi verso Rimini destinazione Columbus, prima o poi si alza la paletta del vigile che ti sequestra la macchina e ti lascia di merda e in lutto. Esagera, scherzo di rime facilissime e viaggio nei quartieri fuori centro tipo la Sacca, la Madonnina, di sera, a riflettere su Modena in generale, sentirne l’aria e l’anima e gli odori più culinari: “una città come la nostra o ci stai dentro fino al collo o sei fuori”. I Lomas filosofi usavano il rap per fare la loro cosa.
Poi arriva Settembre, un tributo forse involontario a un altro provinciale, il Guccini semi-modenese della Canzone dei dodici mesi: Settembre però si risolve in soli sei mesi e non dodici. E ricorda molto da vicino le dinamiche di Chicco e Spillo, ‘92, che però finiva ancora più tragicamente.
Trentasei minuti di disco, abbiamo già superato la metà. Dire fare baciare, la canzone più tetra dell’album, quella più sfigata perché anche molto seria nonostante ci siano Paperinik, il lardo, Topolino, la pornografia e gli orgasmi in bagno. Tipo l’uomo qualunque che cerca un senso e non lo trova, e per questo è molto arrabbiato.
Sei stato te riprende la vena demenziale del primo album, e molti personaggi diciamo stronzi della compagnia: si finisce con una tarantella e un dialetto simil-napoletano, quando la musica cambia di botto. Le chitarre Nofx di Non lo capisti mai, l’hardcore di Po, lo ska di Rollerblade: quattro minuti scarsi e si arriva all’ultima grande perla di Porci ceramiche: Sassuolo-Baggiovara, un viaggio nella Modena più vicina alle colline. La Modena del trenino di provincia, per gli amici gigetto, che dimezza le distanze: qui c’è del punk, ce n’è un bel po’. Casinalbo e la Vecchia Baviera, la birra scura, un appuntamento rimandato a primavera quando si potrà girare facile in motorino.
C’è anche l’amore in questo disco, e con l’amore il disco si chiude. C’è il problema dell’approccio e della tipa complessata: Perry, ragazza difficile, famiglia difficile e gatti difficili. Anche Cane: la porta che non si apre, lui che ritorna a casa, e l’amico che lo sostiene. Quindi lui che ci riprova ma niente, il telefono continua a suonare. Carboni diceva che “amando le donne si fanno mille chilometri”. O no?
Tracklist
01 Radio Lomas (wadoo gibas truck)
02 Perderai
03 Mai più gratis
04 Blu di metilene
05 Ventilatore
06 Tre giorni
07 Lorenzo
08 Il torneo della montagna
09 Modena amara
10 Esagera
11 Settembre
12 Dire fare baciare
13 Sei stato te
14 Non lo capisti mai
15 PO
16 Rollerblade
17 Sassuolo-Baggiovara
18 Pompa di benzina
19 Perry
20 Cane