mercoledì 8 dicembre 2010

Lomas - Mutina Punkae Lomas 0.5.9.1.9.9.8. (Dischi del culo - 1998)

...sperando in un terremoto vero che incendi le case e spacchi Modena in due con un taglio netto tra le case degli altri e il tuo tetto.


Terzo album. “Ora facciamo sul serio” si saranno detti i Lomas. O se non altro ne avranno avuto abbastanza di tutto questo provincialismo che sì è tanto amato, sì ci ha fatto del bene, sì senza i primi due album la nostra vita non sarebbe stata la stessa cosa, ma che forse un terzo album sarebbe stato davvero troppo. Quel troppo che rischia di banalizzare il lavoro fatto finora. E infatti il terzo album vuole palesemente essere una svolta.
Va bene il “te suoni male”, ma ora si suona bene. Va bene che è bello fare gli split con gli amici, ma ora si corre da soli. Va bene questa filosofia da buona-la-prima, ma ora è tempo di stare seri. È tempo di registrare bene, di suonare con precisione. Sì, ma cosa suonare? Un altro disco su Modena? Oppure qualcosa di completamente diverso?
Se non avessi una vaga idea di chi siano i Lomas e di come la pensino direi che hanno tentato di ritagliarsi una fetta di pubblico su scala nazionale. Perché non solo di Modena si parla qui. Anzi a dire il vero non si parla nemmeno della sola Italia. Qui si parla di Universo, si vuole essere universali. Vengono snocciolati principi anarco-internazionalisti in tale quantità da trasformare Mutina Punkae Lomas quasi in un album politico. Alcuni esempi: “Odio lo Stato e tutti i suoi colori”, “Faremo una rivoluzione senza aver bisogno di nessuno che ci dica cosa fare […] senza avere una bandiera […] dove tutti siano uno”, “Esiste un mondo solo e miliardi di persone, ognuno si senta libera e vada in ogni dove” “Basta! L’universo è sempre esistito e i pianeti che girano sono di tutti” e ancora “Io non ho bandiere da piantare ma un universo da sognare”. Insomma il disco un’anima politica ce l’ha, ma è anche vero che non è l'unica anima, ce ne sono altre due: una sperimentale e una provinciale. Lo sperimentalismo forse era necessario in quanto lo stile Modena stazione di Modena si era ripetuto anche nel secondo disco e come abbiamo già detto il terzo doveva essere una svolta. E poi è da inscrivere alla filosofia universalista il concetto di abbattimento delle barriere anche musicali: canzoni punk da 40 secondi, riff in stile Sonic Youth melodici, rapidi brani da una sola nota e una sola frase ripetuta, giri di chitarra mai stati così violenti, un brano acustico, una ricetta messa in musica ma soprattutto brasilianismi e ritmi samba che variano il suono e che anticipano le cover brasiliane che Fox suonerà più avanti.
Ma non c’è niente da fare. Il meglio dell’album resta quel punto in comune con la discografia precedente ovvero la poetica provinciale. E dato che ne abbiamo già parlato fino alla nausea e ripetersi è cosa assai noiosa preferisco citare, a partire dal pezzo forte del disco, Carpi: “ma dov’è che comprerai i regali in un centro di luci bastarde che piange ogni giorno per te […] Carpi è un posto come tutti gli altri e sei tu che hai problemi e non loro, e finché hai un impiego che schifo il lavoro, che schifo la vita così. Ma se uno ha una ferita nel cuore se la porta ovunque egli vada nel mondo, ovunque egli guardi con gli occhi la vita e adesso l’hai portata a Carpi”. Un altro esempio è Racconti di Modena Est: Gli olandesi arrivano sempre quando meno te lo aspetti agli occhi delle nostre ragazze, sembran perfetti ma sono persone normali anche loro […] C'è anche un laghetto di pesca sportiva, lui non lo disse ma era contrario alla pesca e tra l'altro da piccolo si era piantato un amo in un braccio pescando in Panaro, ci mise del ghiaccio”. E potrei continuare col citare Città stronza o Strade segrete.
Lo ammetto, è il disco che ho meno ascoltato dei quattro, fatta eccezione di Carpi, Racconti, e qualche altro pezzo forte come Terremoto il cui volume della chitarra è esageratamente alto e forse per questo è una delle mie preferite. Certo, poi ci sarà sempre l’alternativo che ti dice che è il suo disco preferito, che sei tu che non sei riuscito a capire la bellezza dell’album perché ancora ti trastulli con Alle Morane e Franco. Ma io in tutta onestà lo trovo un disco di transizione tra l’amore per la città coi suoi personaggi strani e il baratro più profondo che sarà Hai preso le gocce?.

P.S. E proprio come in un post scriptum alla fine del disco si trova un progetto interessante che farebbe invidia ai nuovi discutibili cantautori della poetica urbana: 0.5.9.1.9.9.8. Si tratta di otto pezzi trip-hop che sanno di asfalto e luci elettriche. “Forse Modena è una terapia di gruppo per chi vive di espedienti tutti i giorni…ci andavo ogni tanto da bambino ed ogni tanto ci torno a vedere la città da vicino da un piano alto di un palazzo del Villaggio Giardino”.


01 Azoto
02 Banchi dei bar
03 Ipersfera
04 Uomo
05 La dura legge del menga
06 Vorrei sentire
07 Fiori per strada
08 Carpi
09 Di nuovo in piedi
10 Dietro al muro
11 Terremoto
12 Due minuti
13 Zapo
14 Occhio x occhio
15 Pensami tu
16 Punks e freks
17 Senza patria
18 Io e un mio amico ci intendiamo di spazio
19 Dolcegoloso
20 Città stronza
21 Racconti di Modena Est
22 Pioveva sempre
23 Strade segrete
24 Basscord
25 Red shift #1
26 Red shift #2
27 Bandiere
28 Dodici 1
29 Quello che mi serve
30 Palazzi alti
31 Centro commercile
32 (Altri) tempi
33 Cattivo
34 Astronauta
25 Dodici 2

domenica 5 dicembre 2010

Segnali acustici: parte 1°

Tagliamo il nastro anche per questa nuova rubrica: segnali acustici, ovvero segnalazioni di alcuni gruppi degni di nota che circolano nei dintorni.

L’Ondes – Tòt i dè! (2010)
In una dozzina d’uova ce n’è spesso una uscita male, l’ondes appunto. Ma in realtà questo gruppo non è proprio l’ultimo arrivato né il primo da scartare: difatti nasce dalle ceneri dei Dulceuchessina, una numerosa band ska-punk che aveva il suo discreto successo. I L’Ondes hanno un debito incolmabile con gli anni 90 (e la cover degli 883 che fanno dal vivo ne è prova inconfutabile) ma la cosa che mi affascina è che questo debito sembra essere tutto italiano. È al punk nostrano che guardano, a quel punk di nicchia che parla la nostra lingua. Non quel finto inglese improvvisato sui banchi di scuola dagli skaters, non quell’ “anarchia in Italìa” cantata dai Petrolio. Insomma meno California, meno UK e più Emilia. Copertina e titolo parlano chiaro. Inutile dire che non c’è nulla di nuovo in questo ep ma è ancora più inutile ricordare che i L’Ondes qualcosa di nuovo non lo volevano proprio fare. Quindi bevetevi qualche birra di troppo, andate al loro concerto, saltate e non fatevi più domande. Eccovi il myspace. S.C.


Blue Balls Monkey – Beware of the Monkeys (2010)


Il salto è sempre nel passato, ma non nell’universo punk nineties come per gli altri gruppi di questo articolo, bensì nell’hard rock più sfacciatamente americano. C’è molto glam imbastardito con il suono di Seattle degli anni 90 o se non altro con quella fazione grunge priva di influenze punk (Alice in Chains per capirci). Insomma, come essi si definisco, si tratta di “rock classico”: assoli, schitarrate, pose molto hard rock e testosterone. In questi casi si dice Yeah. Il loro myspace è questo. S.C.



Uniko Neurone . Fiumi di diarrea (2008)

Quattro tracce in questo demo dei carpigiani Uniko Neurone, 11 minuti di velocità e ruvidezza nei più tipici stilemi del punk rock. Un disco di vocazione politica: strano ma vero, nel XXI secolo c’è ancora qualcuno che parla di lotta di classe! Si definiscono “Kombat Punk”, mettendosi inevitabilmente sulla scia di band come Gang, Malavida, Clash ma con molto più hardcore. Suonano in tre: Skeggia, Monty e Lucio. Registrato nel 2008, Fiumi di diarrea parte carico con Maresciallo, un pezzo che se la prende direttamente con gli stipendi “da paura” dei marescialli dei caramba. Il demo continua con la pacifista Signori della guerra, forse il pezzo meno riuscito, per arrivare dritto dritto al pezzo forte, Tri zuchet e du pandor, una cover degli Snuff cantata in dialetto carpigiano su un bel riff di chitarra che ti rimane in mente facile facile. La canzone sconfina in un’atmosfera gucciniana da Fiera di San Lazzaro dando voce al lamento di una moglie con 4 figli di fronte ai prezzi del mercato. Il disco si conclude con l’antiberlusconiana Intossicazione Alimentare, il pezzo più arrabbiato di tutti dove “fiumi di diarrea” saranno gettati su “signori e padroni” da “chi non sta lì a guardare / ma col pugno sempre chiuso /non ci sta a prenderla nel culo”. Nonostante i testi siano a volte macchinosi il demo è un buon inizio e si ascolta volentieri. Ecco il myspace. G.C.

Furastér: Dull - Cerchia una A

Inseriamo una recensione donataci da un lettore e una amico: il Precettore. Dispiace non aver trovato la copertina. Ci perdonerete.



...ho scoperto i Ramones a 27 anni e i Dull a 17.

Ho sentito dire che a breve le musicassette spariranno dal commercio schiacciate dalla digitalizzazione. Alla fine degli anni '90 le cassette erano invece "moneta" corrente -insieme ai cd- e la fruizione della musica passava inesorabilmente per il supporto fisico.
In quel periodo i Dull facevano uscire il loro primo demo che, in una manciata di pezzi e in una ventina di minuti, racchiudeva brani che sono entrati nella storia del punk rock nostrano.
Il demo si apre con una marcetta (LSD) che è anche un ipotetico svolgimento del tema "descrizione di una settimana tipo" per passare al trascinante ska punk di Cerchia una A.
Giri di basso alla Rancid, una batteria che pesta riff degni dei migliori Sex Pistols e testi che una volta ascoltati non potevano che rimanerti in testa, il tutto circondato da un alone di mistico realismo.
Perchè questo erano i Dull di quel momento storico, rappresentavano il reale, non le rockstar inarrivabili ma i ragazzi che potevi incontrare una sera al Tempo, trovarti con loro in giro alla montagnola di Bologna, o in un altrettanto reale pogo ad un concerto dei Punkreas. Così, quando la rivoluzione comunicativa vedeva comparire il cellulare che, da strumento di elite diventava status symbol e poi aggeggio necessario, i Dull opponevano a tutto questo il loro sentito "No, Grazie."....e se la diffusione di massa di internet era alle porte andare ad un concerto punk era ancora un evento al di là di qualsiasi social network (qualcosa che viene ben descritto dal "pugno sul mento" nella frenetica il mio ideale).
Il demo si chiude con due inaspettate ballads (Think e Lose) perchè anche questo voleva dire essere punk alla fine del secolo...e allora se qualcuno deciderà di mandare in pensione le musicassette, per noi tutti che volevamo essere come i Dull, ci sarà ovviamente solo una risposta: il più classico dei chissenefrega.

Tracklist
1 LSD
2 Chissenefrega
3 Cerchia una A
4 La boccia
5 Cellulare? No grazie!
6 Suicidio di massa
7 Il mio ideale
8 Think
9 Lose